Nell’ordinanza n.2468 dell’08/02/2016 la Cassazione ribadisce la necessità che i giudici nazionali recepiscano il contenuto della pronuncia resa dalla Corte di Giustizia il 15 marzo 2012 (C-135/10), secondo la quale, in tema di copyright e musica diffusa in uno studio dentistico, non si è in presenza di un pubblico che giustifichi l’applicazione degli articoli 73 e 73 bis della legge sul diritto di autore e, di conseguenza, nessun corrispettivo è dovuto agli artisti interpreti o esecutori né al produttore dei fonogrammi per la diffusione della musica nel proprio studio.
Diffusione di un’opera a fini di lucro e diritto d’autore: l’articolo 73
L’articolo 73, comma 1, della legge sul diritto di autore del 1941, dispone che:
Il produttore di fonogrammi, nonché gli artisti interpreti e gli artisti esecutori che abbiano compiuto l’interpretazione o l’esecuzione fissata o riprodotta nei fonogrammi, indipendentemente dai diritti di distribuzione, noleggio e prestito loro spettanti, hanno diritto ad un compenso per l’utilizzazione a scopo di lucro dei fonogrammi a mezzo della cinematografia, della diffusione radiofonica e televisiva, ivi compresa la comunicazione al pubblico via satellite, nelle pubbliche feste danzanti, nei pubblici esercizi ed in occasione di qualsiasi altra pubblica utilizzazione dei fonogrammi stessi. L’esercizio di tale diritto spetta al produttore, il quale ripartisce il compenso con gli artisti interpreti o esecutori interessati.
Diffusione di un’opera senza fini di lucro e diritto d’autore: l’articolo 73bis
L’articolo 73 bis della legge del 1941 è così formulato:
Gli artisti interpreti o esecutori e il produttore del fonogramma utilizzato hanno diritto ad un equo compenso anche quando l’utilizzazione di cui all’articolo 73 è effettuata a scopo non di lucro.
Salvo diverso accordo tra le parti, tale compenso è determinato, riscosso e ripartito secondo le norme del regolamento [di esecuzione della legge del 1941].
Cassazione, Corte di Giustizia e copyright sulla musica diffusa
La Cassazione precisa come “il dictum della Corte di Giustizia costituisce una regola iuris applicabile dal giudice nazionale in ogni stato e grado del giudizio”.
La Corte di Giustizia, nella sentenza C-135/10, aveva ritenuto sia che la limitatezza del numero di persone all’interno dello studio dentistico non costituiva pubblico, sia che la mancanza di rilevanza economica della trasmissione musicale non facesse ricorrere gli estremi della comunicazione al pubblico.
In riferimento alla nozione di pubblico la Corte di Giustizia (punto 96) ha precisato che:
“Riguardo all’importanza del numero delle persone per le quali il dentista rende udibile in fonogramma diffuso, si deve constatare che, trattandosi dei clienti di un dentista, tale pluralità di persone è scarsamente consistente, se non persino insignificante, dal momento che l’insieme di persone simultaneamente presenti nel suo studio è, in generale, alquanto ristretto. Inoltre, benché i clienti si succedano, ciò non toglie che, avvicendandosi, detti clienti, di norma, non sono destinatari dei medesimi fonogrammi, segnatamente di quelli radiodiffusi”;
Inoltre (punti 97/99 della sentenza della Corte di Giustizia):
Infine, non può essere contestato che, in una situazione come quella di cui alla controversia principale, un dentista che diffonde fonogrammi in presenza dei suoi pazienti, quale musica di sottofondo, non può ragionevolmente aspettarsi un ampliamento, unicamente in virtù di tale diffusione, della clientela del proprio studio, né aumentare il prezzo delle cure prestate. Ne consegue che siffatta diffusione non è idonea, di per sé, ad incidere sugli introiti di tale professionista. I clienti di un dentista, infatti, si recano presso uno studio medico dentistico unicamente allo scopo di essere curati, giacché una diffusione di fonogrammi non è minimamente collegata alla prassi delle cure dentistiche. È in modo fortuito e indipendentemente dalla loro volontà che detti clienti godono dell’accesso a taluni fonogrammi, in funzione del momento in cui arrivano allo studio, della durata della loro attesa e del tipo di trattamento ricevuto. In siffatto contesto non si può presumere che la normale clientela di un dentista sia ricettiva rispetto alla diffusione di cui trattasi. Ne deriva che una diffusione del genere non riveste carattere lucrativo.
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