La Corte di Cassazione (sezione III, sentenza del 9 maggio 2017 n. 22267) ribadisce come, in materia di tutela del diritto di autore, la prova della consumazione dell’illecito di abusiva duplicazione o riproduzione di supporti audiovisivi può essere raggiunta in base ad una serie di indizi quali, ad esempio, l’utilizzo di copertine contraffatte, l’assenza di loghi o marchi del produttore, le modalità di offerta al pubblico, non essendo necessario l’espletamento di una perizia o di un accertamento tecnico.
La Corte di Cassazione conferma quanto evidenziato dalla Corte di Appello, cioè che
“Nel caso in esame, la corte di Appello ha evidenziato che proprio le modalità di detenzione dei CD e dei DVD in sequestro da parte dell’imputato, che li teneva esposti per la vendita su una bancarella della pubblica via, tutti sprovvisti di copertine costituenti mere riproduzioni degli originali, unita alla assenza di qualsiasi documentazione attestante della lecita provenienza della merce, portava univocamente e logicamente a ritenere che si trattasse dei CD e DVD abusivamente duplicati e privi altresì del contrassegno SIAE”.
La Cassazione, inoltre, afferma come la prova della vendita o della messa in commercio non deve intendersi riferita esclusivamente alla flagranza di reato:
“ossia non presuppone necessariamente che l’imputato sia stato colto proprio nel momento in cui vendeva i supporti abusivamente duplicati. Tale prova può infatti desumersi in via indiziaria anche dalle modalità del rinvenimento e dal luogo della detenzione. Il ricorrente è stato sorpreso sulla pubblica via, dove aveva allestito una bancarella esponendo la merce ai passanti e sulla base di ciò è stato correttamente ritenuto che la merce stessa fosse posta in commercio, integrandosi una delle condotte rientranti nel fatto tipico di cui al secondo comma dell’articolo 171-ter lettera a) legge n. 633 del 1941”
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