I dati contenuti nel presente articolo sono stati tratti dalla una pubblicazione dell’Ufficio Comunitario, ora EUIPO, sui costi della violazione dei diritti di proprietà intellettuale nel settore dell’abbigliamento, calzature e accessori come cravatte, scarpe, cinture e ombrelli.
Secondo le statistiche delle dogane della UE, i prodotti di scarpe e abbigliamento sono quelli più frequentemente sottoposti a fermo alle frontiere europee.
In base ai risultati di tale indagine è emerso che l’industria legittima perde circa 26,3 miliardi di Euro di entrate all’anno a causa della presenza di prodotti contraffatti nel territorio dell’Unione Europea: la percentuale è pari al 9,7% delle vendite del settore. I costi sono determinati soprattutto calcolando i mancati guadagni causati dalla presenza sul mercato delle merci contraffate.
L’effetto della contraffazione si avverte anche sul mercato del lavoro, con una perdita diretta di circa 363.000 posti di lavoro. Se si calcolano anche le perdite di posti di lavoro nei settori collegati a quello dell’abbigliamento come quello dei fornitori, il calo dell’occupazione è invece stimabile in 518.281 posti di lavoro. Devono poi aggiungersi le conseguenze in termini di mancate entrate fiscali per gli Stati, con una perdita di circa 8,1 miliardi di Euro.
Ulteriori effetti devono essere calcolati sui settori economici che sono collegati a quello dell’abbigliamento e delle calzature, in quanto se le vendite nel settore dell’abbigliamento e delle calzature si riducono a causa della contraffazione, questo settore acquista meno beni e servizi dai suoi fornitori, provocando un effetto a catena con conseguente calo delle vendite e degli occupati anche in tali settori.
Le indagini hanno consentito di accertare il coinvolgimento di organizzazioni criminali cinesi nella produzione e distribuzione di articoli di abbigliamento contraffatti: la presenza di contraffattori cinesi è stata localizzata in diverse regioni italiane (Lombardia, Toscana, Marche, Campania) e in Spagna nella città di Madrid e sua periferia.
Lo studio dell’Ufficio Comunitario, inoltre, mette in luce come i prodotti contraffatti siano sempre più spesso pubblicizzati sui social media. Sul web si rinvengono spesso immagini di merce contraffatta in vendita.
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