La Corte di Cassazione è più volte intervenuta in merito al giudizio di confondibilità avente ad oggetto marchi complessi per ribadire che il giudice deve valutare ciascuno degli elementi di cui sono composti i marchi.
In questo articolo parliamo di:
Il giudizio di confondibilità nel marchio italiano
Nella sentenza 18 gennaio 2013 n. 1249 la Corte di Cassazione ha ritenuto erronea la motivazione della Corte di Appello che, nel giudicare due marchi composti da un elemento figurativo comune (la testa di un cervo) e da un elemento verbale diverso, ne aveva affermato la non confondibilità sul presupposto di una valutazione “complessiva e sintetica”.
Nell’opinione della Suprema Corte
“La Corte di Appello avrebbe invece dovuto rilevare, in base a quanto da essa stessa accertato, che il marchio era costituito da due elementi distintivi (cuori), il cervo e la denominazione, e di conseguenza avrebbe dovuto valutare in relazione a ciascuno di questi due elementi la similarità tra i due segni e quindi l’esistenza di una loro confondibilità”.
Altro importante principio affermato dalla Corte di Cassazione nella medesima sentenza è che
“Non appare condivisibile sotto il profilo logico l’affermazione a carattere assoluto della prevalenza della parte del marchio contenente la denominazione rispetto ad altre parti figurative dello stesso…..Non esiste infatti una astratta gerarchia tra gli elementi distintivi che compaiono in un marchio, potendo in diversi casi avere gli elementi figurativi un carattere distintivo addirittura superiore rispetto a quelli denominativi per cui devono comunque essere protetti”.
Ergo, due marchi composti da immagini identiche o simili e da parole diverse, possono essere ritenuti confondibili nonostante la diversità della loro componente verbale.
Il giudizio di confondibilità nel marchio dell’Unione Europea
L’orientamento della Corte di Cassazione sulla valutazione della confondibilità dei marchi complessi differisce da quello giurisprudenza comunitaria, che invece attribuisce valore alla valutazione di insieme.
Nella sentenza del 12 giugno 2007, procedimento C-334/05, la Terza Sezione della Corte di Giustizia CE ha affermato che:
“Si deve infatti sottolineare che, secondo la giurisprudenza della Corte, nel verificare l’esistenza di un rischio di confusione, la valutazione della somiglianza tra due marchi non può limitarsi a prendere in considerazione solo una componente di un marchio complesso e paragonarla con un altro marchio. Occorre invece operare il confronto esaminando i marchi in questione considerati ciascuno nel suo complesso, il che non esclude che l’impressione complessiva prodotta nella memoria del pubblico pertinente da un marchio complesso possa, in determinate circostanze, essere dominata da una o più delle sue componenti”.
Il principio viene ribadito anche dalla più recente sentenza del 3 settembre 2009 (Prima Sezione, C-498/07), nella quale la Corte dopo aver affermato che:
“la valutazione globale del rischio di confusione deve fondarsi, per quanto attiene alla somiglianza visiva, fonetica o concettuale dei marchi in esame, sull’impressione complessiva prodotta dagli stessi”
dichiara che:
“nel verificare l’esistenza di un rischio di confusione, la valutazione della somiglianza tra due marchi non può limitarsi a prendere in considerazione solo una componente di un marchio complesso e paragonarla con un altro marchio. Occorre invece effettuare il confronto esaminando i marchi in questione considerati ciascuno nel suo complesso”.
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