In questo articolo affrontiamo il tema del giudizio di affinità tra prodotti appartenenti alla stessa Classe di Nizza, riportando alcune importanti considerazioni della Cassazione.
Nel caso che ha dato origine alla pronuncia in esame, i marchi in conflitto contraddistinguevano entrambi prodotti della classe 16, cioè stampati, ma in un caso (il marchio contestato) si trattava di un quotidiano di informazione e attualità distribuito gratuitamente nelle grandi città all’interno delle reti di trasporto pubblico, mentre nell’altro caso (il marchio anteriore) si trattava di un periodico dal contenuto pubblicitario distribuito da grandi magazzini.
L’opinione del titolare del marchio contestato è che non dovesse essere riconosciuta alcuna affinità tra i rispettivi prodotti in quanto il catalogo di un’impresa di grande distribuzione non avrebbe alcuna autonomia funzionale rispetto alla distribuzione dei prodotti.
Come è stato ripetutamente riconosciuto dalla giurisprudenza, il riconoscimento dell’affinità prescinde dall’eventuale inclusione dei prodotti in una medesima classe merceologica.
La Cassazione precisa che
“l’indagine sull’affinità consiste nella circostanza che i beni o i prodotti di cui si parla siano ricercati ed acquistati dal pubblico in forza di motivazioni identiche o quanto meno tra loro strettamente correlate, tali per cui l’affinità funzionale esistente tra quei beni o prodotti e tra i relativi settori merceologici induca il consumatore naturalmente a ritenere che essi provengono dalla medesima fonte produttiva, indipendentemente dal dato meramente estrinseco costituito dall’eventuale identità dei canali di commercializzazione”.
“L’identità delle esigenze che spingono all’acquisto dei prodotti di cui si afferma l’affinità merceologica non può tuttavia essere ancorata a criteri eccessivamente generici (quali l’esigenza di vestirsi, sfamarsi, leggere ecc.), rischiandosi altrimenti di smarrire il nesso che, anche secondo nozioni di comune esperienza, deve potersi presumere esistente tra l’identità dei bisogni cui quei beni sono preordinati e l’unicità della loro fonte di provenienza, che costituisce la vera ragione di tutela del marchio”.
Nel caso in esame, il giudizio di affinità tra prodotti doveva essere condotto da una parte tra i cataloghi, stampati dal titolare del marchio anteriore, che contenevano esclusivamente l’elenco dei prodotti messi in vendita nei magazzini dello stesso titolare e dall’altra parte tra il quotidiano a diffusione gratuita contenente notizie di attualità e informazioni di genere vaio su cultura, sport, spettacoli, politica ecc.
La Corte di Cassazione osserva che la Corte di Appello (che aveva riconosciuto l’affinità fra i prodotti) avrebbe dovuto meglio argomentare le proprie conclusioni in quanto, al contrario, non risultava
“Analizzato il pubblico di riferimento dei due giornali, l’uno costituito dai clienti dei magazzini commerciali e l’altro indifferenziato costituito dai passeggeri dei mezzi di trasporto pubblico. Non risulta neppure analizzato il tipo di bisogno che essi intendono soddisfare e non viene individuata la differenza che esiste tra una informazione specializzata, rivolta ad un pubblico di acquirenti dei prodotti della stessa società che pubblica il periodico, e una generalista con fini di informazione quotidiana, sia pure contenente messaggi pubblicitari di vario genere che però non si riferiscono a prodotti messi in vendita dall’editore. Infine non vengono effettuate valutazioni sulla prevalenza della funzione informativa rispetto a quella pubblicitaria e sulla possibile diversità che esiste tra il pubblico interessato a conoscere le notizie quotidiane e quello interessato esclusivamente alla pubblicità dei prodotti”.
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