Gli accordi di coesistenza tra marchi sono contratti atipici, nella prassi frequentemente utilizzati per disciplinare i rapporti tra i titolari di marchi identici o simili.
In questo articolo parliamo di:
L’articolo 20 del Codice Italiano della Proprietà Industriale vieta a terzi di utilizzare
“Segni identici o simili al marchio registrato, per prodotti o servizi identici o affini” e “segni identici o simili per prodotti o servizi anche non affini se il marchio registrato goda nello stato di rinomanza”,
salvo consenso del titolare del marchio registrato.
Il titolare del marchio, quindi, può consentire la coesistenza sul mercato di marchi potenzialmente confondibili con il proprio, purché ciò non comporti un rischio di inganno per il pubblico: un limite invalicabile deve rinvenirsi nel divieto di decettività di cui all’articolo 21, comma 2 del Codice di Proprietà Industriale, secondo cui
“Non è consentito usare il marchio in modo contrario alla legge, né, in specie, in modo da ingenerare un rischio di confusione sul mercato con altri segni …o da indurre comunque in inganno il pubblico”.
Esempi di accordi di convivenza tra marchi
L’accordo di coesistenza tra marchi è caratterizzato da una notevole varietà di contenuti, ma è comunque finalizzato a disciplinare i rapporti tra i titolari dei marchi e ad evitare il pericolo di inganno per il pubblico. Alcuni esempi di pattuizioni che possono costituire oggetto degli accordi di convivenza sono:
- Accordi con clausole di limitazione riguardanti l’uso e il deposito del marchio in determinate classi merceologiche oppure rispetto a determinati prodotti/servizi.
Generalmente l’impegno riguarda naturalmente il titolare del marchio posteriore, ma possono esserci casi di impegno ad una limitazione merceologica da ambo le parti.
Uno dei casi più famosi di accordi di coesistenza tra marchi è stato quello tra la Apple Corps e la Apple Inc. La prima di proprietà dei Beatles, storico gruppo musicale inglese, la seconda di proprietà di Steve Jobs, proprietario di una delle aziende più famose al mondo di computer e non solo. L’accordo specifico di coesistenza tra marchi prevedeva che la Apple Corps avrebbe tollerato la presenza del marchio Apple Inc se questa non fosse mai entrata nel settore musicale. Ma poi nacque Itunes e Ipod.
In questo articolo trovate tutta la storia del contenzioso tra Apple Corps e Apple Inc, giunta poi a uno storico accordo di coesistenza tra marchi. - Accordi con clausole di limitazione riguardanti il territorio
Ad esempio, il titolare del marchio “x” si impegna a non utilizzare né depositare domande del proprio marchio in uno o più Stati. Talora, tale impegno può essere reciproco, ovvero il titolare del marchio “x” assume l’impegno a non utilizzare né depositare il proprio in un determinato Stato (ad esempio, Cina) in cambio dell’impegno del titolare del marchio “y” a non utilizzare né depositare il proprio marchio in altro Stato (ad esempio, Federazione Russa) - Accordi con clausole riguardanti le modalità di utilizzazione del marchio
Ad esempio, il titolare del marchio “x” si impegna ad utilizzarlo sempre in abbinamento alle parole “bianco” e “verde” e mai da solo; - Accordi con clausole di reciproca assistenza
Ad esempio tramite la previsione dell’impegno a rilasciare lettere di consenso alla registrazione dell’altrui marchio, ove necessarie.
Coesistenza tra marchi: un accordo nel settore dell’abbigliamento
Nella sentenza n. 10 del 4 febbraio 2015 la Commissione dei Ricorsi si è espressa sulla validità dell’accordo di coesistenza tra marchi e sul rapporto tra gli accordi di coesistenza ed il rischio di confusione o associazione tra i marchi che ne sono oggetto.
Nel caso che ha generato la questione in esame, i marchi in comparazione erano quasi identici ma i rispettivi titolari avevano sottoscritto anni addietro un accordo di coesistenza che autorizzava il titolare del marchio posteriore all’uso del proprio segno per i prodotti inclusi nella categoria dell’abbigliamento, eccezion fatta per “prodotti di abbigliamento specificamente destinati ai ciclisti”.
La validità dell’accordo di coesistenza era stata contestata dal titolare dei marchi anteriori, che aveva presentato una opposizione contro la domanda di marchio depositata dal titolare posteriore.
Nel corso del primo esame, l’Ufficio Italiano Brevetti e Marchi aveva accolto l’opposizione ed aveva negato rilevanza all’accordo di coesistenza, sostenendo che lo stesso
“non potesse ritenersi opponibile ai terzi diversi dalle parti contraenti. Tali accordi generano senz’altro obbligazioni a carico delle parti, ma non sono di per sé idonei a provare l’assenza di un rischio di confusione a danno dei consumatori”.
La Commissione dei Ricorsi ha assunto una posizione diversa, ritenendo la motivazione addotta dall’Ufficio Italiano Brevetti e Marchi insufficiente a negare validità all’accordo di coesistenza ed ha invece ritenuto che
“l’accordo di coesistenza corrente tra le parti sia idoneo ad escludere effettivi rischi di confusione o di associazione tra i marchi per cui vi è controversia”.
Da una parte, la Commissione dei Ricorsi riconosce la correttezza dell’assunto secondo il quale gli accordi di coesistenza hanno efficacia esclusivamente tra le parti, ma dall’altra parte afferma che il problema dell’efficacia nei confronti dei terzi si pone essenzialmente per la trasmissibilità ai terzi delle obbligazioni generate dall’accordo, con particolare riferimento al caso della cessione di azienda.
Nel caso in esame, quindi, il problema non si porrebbe in quanto sarebbero coinvolte direttamente le parti che avevano ab origine sottoscritto gli accordi di coesistenza.
L’opinione della Commissione dei Ricorsi è che non si possa negare rilevanza al contenuto di un accordo di coesistenza quando si procede all’accertamento della sussistenza del rischio di confusione tra marchi.
La Commissione dei Ricorsi specifica che
“Più puntualmente, deve ritenersi che l’accordo di coesistenza può dirsi valido solo se, e in quanto, prevenga, per il futuro, il rischio di confusione per il pubblico. Se, infatti, il contenuto dell’accordo fosse tale da consentire un uso confondibile e decettivo dei marchi, l’accordo stesso dovrebbe considerarsi nullo per illiceità della causa (contrarietà all’ordine pubblico economico). Inoltre, una specifica ragione di nullità potrebbe riscontrarsi anche nella incompatibilità dell’accordo con il divieto di intese restrittive della concorrenza”.
Stipula di accordi di coesistenza tra marchi
Lo Studio Legale dell’Avv. Eva Troiani può senz’altro assistervi nella stipula di contratti con accordi di convivenza tra marchi. Suggeriamo di ricorrere a professionisti del settore perché, oltre al divieto di decettività ed in quanto contratti, devono rispettare la normativa che li disciplina.
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