L’Italia, si sa, è terra di espressioni dialettali, alle quali siamo spesso talmente affezionati da desiderare che diventino il segno di riconoscimento della nostra attività, ma è bene domandarsi: un’espressione dialettale può diventare un marchio registrato?
Sappiamo che un marchio non può essere costituito esclusivamente dalle denominazioni generiche di prodotti o servizi o da indicazioni descrittive che ad essi si riferiscono né da termini di uso comune, quindi disponiamo già di molti elementi utili per rispondere alla domanda.
Ma vediamo cosa hanno affermato al riguardo i giudici che sono stati interpellati su questo punto.
Certamente non possiamo registrare come marchi i nomi dialettali che siano volti a identificare esclusivamente un prodotto o un servizio (Tribunale di Bologna n. 2602 del 16 settembre 2011).
La non registrabilità come marchio vale solo per quelle espressioni dialettali che siano note ovunque (e quindi ben oltre il territorio in cui sono nate) oppure riguarda anche quelle tipiche espressioni locali ben conosciute nell’ambito di una ristretta comunità ma incomprensibili al resto d’Italia?
La Corte di Appello di Firenze (n. 175 del 7 gennaio 2016) scioglie questo dubbio, chiarendo che
“Poco importa, ai fini del marchio, che la parola sia pressoché sconosciuta a livello nazionale, in quanto dialettale, o al contrario troppo erudita, giacché essa rimane pur sempre di uso comune nell’ambiente in cui si muovono le parti e quindi non riesce a distinguere sufficientemente l’oggetto denotato dalle plurime situazioni consimili esistenti in quel particolare contesto”.
Il Tribunale di Torino (sentenza n. 585/2019 del 7 febbraio 2019) conferma come possa quindi concludersi che
“il termine dialettale, percepito nell’ambiente del consumatore medio di un certo prodotto come il termine esclusivo per identificare quel prodotto, non può essere tutelato come marchio, anche se sconosciuto a livello nazionale, perché non è considerato, in quell’ambiente, come distintivo di una specifica impresa produttrice, ma come il termine comune per identificare un prodotto (per cui la tutela come marchio impedirebbe agli altri produttori di identificare i propri prodotti con il termine identificativo comunemente usato nel loro ambiente)”.
Queste pronunce dei giudici dimostrano, ancora una volta, che i principi che devono guidarvi nella creazione di un marchio sono sempre gli stessi, ovvero l’utilizzo della massima creatività possibile per creare una parola o un segno che si differenzi quanto più possibile dall’esistente e l’uso di una parola che non sia descrittiva del prodotto o servizio identificato dal marchio.
© Foto di Gerd Altmann da Pixabay
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