Il principio del secondary meaning nei marchi disciplina quei marchi privi di carattere distintivo che acquistano tale carattere con l’uso e la notorietà. Vediamolo più nel dettaglio.
In questo articolo parliamo di:
L’art.13, 1) del Codice Italiano della Proprietà Industriale dispone che non possono costituire oggetto di registrazione come marchio di impresa i segni privi di carattere distintivo, e in particolare:
- Quelli che consistono esclusivamente in segni divenuti di uso comune nel linguaggio corrente o negli usi costanti del commercio (ad esempio parole come “standard”, “super”, “deluxe”, “top”).
- Quelli costituiti esclusivamente dalle denominazioni generiche di prodotti o servizi o da indicazioni descrittive che ad essi si riferiscano, come i segni che in commercio possono servire a designare la specie, la qualità, la quantità, la destinazione, il valore, la provenienza geografica ovvero l’epoca di fabbricazione del prodotto o della prestazione del servizio o altre caratteristiche del prodotto o servizio.
Cos’è il secondary meaning nei marchi
Tuttavia, L’articolo 13, comma 2 del Codice Italiano della Proprietà Industriale dispone che, in deroga al divieto di registrazione dei marchi privi di carattere distintivo:
“Possono costituire oggetto di registrazione come marchio di impresa i segni che prima della domanda di registrazione, a seguito dell’uso che ne sia stato fatto, abbiano acquistato carattere distintivo”.
In questa ipotesi si disciplina il caso in cui il marchio abbia acquisito capacità distintiva prima della registrazione.
Il comma 3 dello stesso articolo, invece, disciplina il caso in cui il marchio abbia acquisito capacità distintiva dopo la registrazione e prevede che esso non possa essere dichiarato nullo se, a seguito dell’uso che ne è stato fatto, ha acquisito capacità distintiva.
In ambito dell’Unione Europea, l’articolo 7 comma 3 del regolamento 2017/1001 sul marchio dell’Unione Europea, ammette alla registrazione i marchi che, pur originariamente privi di carattere distintivo:
“abbiano acquistato per tutti i prodotti o servizi per i quali si chiede la registrazione, un carattere distintivo in seguito all’uso che ne è stato fatto”.
Acquisto del secondary meaning nei marchi
Si parla, in questi casi, di acquisto di un secondary meaning nei marchi che si verifica quando una parola (o una immagine, o una forma, o altro tipo di marchio), originariamente priva di carattere distintivo, acquisti nel tempo un secondo significato agli occhi dei consumatori e sia in tal modo in grado di identificare la provenienza dei prodotti da una determinata impresa.
Un esempio sono i marchi Divani&Divani o Poltrone & Sofà che, avendo perso la loro funzione descrittiva grazie al battage pubblicitario e alla notorietà acquisita, sono divenuti capaci di identificare il prodotto come proveniente da imprese ben definite e, quindi, di distinguere tali prodotti da quelli di altre imprese.
L’acquisto del secondary meaning nei marchi avviene tramite l’uso che è stato fatto del marchio; la prova dell’acquisto del secondary meaning nei marchi può essere data in vari modi, tra i quali (a titolo di esempio) indagini demoscopiche o testimonianza di operatori qualificati degli ambienti interessati.
La Corte di Giustizia (7.7.2005, C-353/03) ha affermato in proposito che
“gli elementi idonei a dimostrare che il marchio è divenuto adatto a distinguere il prodotto o servizio di cui trattasi debbono essere valutati globalmente” e che “possono essere presi in considerazione, tra l’altro, la quota di mercato detenuta dal marchio, l’intensità, l’estensione geografica e la durata dell’uso del marchio, l’entità degli investimenti effettuati dall’impresa per promuoverlo, la percentuale degli ambienti interessati che identifica, grazie al marchio, il prodotto o il servizio come proveniente da una determinata impresa, nonché le dichiarazioni delle Camere di Commercio o di altre associazioni professionali”.
(in precedenza, la Corte aveva espresso il medesimo principio nelle cause riunite C-108/97 e C-109/97)
la Cassazione si è espressa sul principio del secondary meaning in rapporto al marchio debole.(sentenza 1861 del 2 febbraio 2015)
In merito all’applicazione del principio del secondary meaning nei marchi, la Corte sottolinea che:
“Tale fenomeno, elaborato ai fini della cosiddetta riabilitazione o convalidazione del segno originariamente privo di capacità distintiva, giacché mancante di originalità ovvero generico o descrittivo e che, tuttavia, finisce con il riceverla dall’uso che ne viene fatto dal mercato, è stato utilizzato per cogliere ogni evoluzione della capacità distintiva, cioè anche come rafforzamento della capacità distintiva del marchio in origine debole – ma non nullo – che divenga successivamente forte attraverso la diffusione, la propaganda e la pubblicità”.
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