La funzione del marchio collettivo è quella di garantire l’origine, la natura o la qualità di un prodotto o servizio.
In questo articolo parliamo di:
Titolarità e registrazione di un Marchio Collettivo
Con il decreto legislativo 15/2019, si specifica che titolari di marchi collettivi possono essere persone giuridiche di diritto pubblico (come lo Stato e gli enti pubblici) o le Associazioni di categoria (fabbricanti, produttori, commercianti o prestatori di servizi) ma non le società per azioni, le srl o le società in accomandita per azioni.
L’intento è di separare nettamente il titolare del marchio dall’utilizzatore (prima del decreto anche una persona fisica poteva registrare un marchio collettivo).
Generalmente sono titolari di marchi collettivi Consorzi e Associazioni, oppure regioni o enti locali.
La procedura di registrazione di un marchio collettivo è la stessa di un marchio d’impresa, solo più complessa dal momento che in fase di deposito dovrà essere presentato il Regolamento d’Uso, completo di tutte le sue parti (ne parliamo nel paragrafo successivo).
Differenze tra Marchio Collettivo e Marchio Individuale d’Impresa
È una pluralità di soggetti ad utilizzare il marchio collettivo e non un singolo. Il titolare del marchio, ottenuta la registrazione, ne concederà l’uso a chi ne farà domanda; questi lo utilizzeranno legittimamente rispettando un Regolamento d’Uso.
Tale Regolamento deve essere presentato al momento della domanda di deposito del marchio e deve disciplinare, tra le altre cose:
- L’utilizzazione del marchio
- I controlli nei confronti dei soggetti che usano tale marchio
- Le sanzioni per l’inosservanza delle disposizioni del regolamento.
Qualora si apportino delle modifiche al Regolamento d’Uso, queste dovranno tempestivamente essere comunicate e depositate all’UIBM, pena la decadenza del marchio.
Un marchio collettivo può consistere in segni o indicazioni che nel commercio possono servire per designare la provenienza geografica di prodotti o servizi. Qualsiasi soggetto i cui prodotti o servizi provengano dalla zona geografica in questione ha diritto ad usare il marchio e a diventare membro dell’Associazione di categoria titolare del marchio, a condizione che siano soddisfatti i requisiti previsti dal Regolamento d’Uso.
Esempi di Marchio Collettivo
Senza rendercene conto, nel nostro vivere quotidiano, ci imbattiamo spessissimo in marchi collettivi: il marchio Pura Lana Vergine è un marchio collettivo, Bancomat è un marchio collettivo, ma anche Made in Italy è un marchio collettivo e anche Vero Cuoio Italiano!!
Abbiamo poi i marchi di qualità come i DOP, IGP e STG, i marchi di certificazione, e i marchi di certificazione costituiti da nome geografico. Vediamo in cosa si differenziano rispetto ai marchi collettivi.
I marchi di qualità DOP/IGP/STG sono Marchi Collettivi?
Nella macro categoria dei marchi collettivi spesso si fanno rientrare anche i marchi di qualità DOP, IGP e STG (es. Grana Padano o Pizza Napoletana) che però presentano importanti differenze:
- Innanzitutto i marchi DOP, IGP e STG garantiscono la qualità e l’originalità esclusivamente di un prodotto agroalimentare.
- Il marchio collettivo ha requisiti specifici definiti dal titolare del marchio (lavorazione, luogo di produzione, caratteristiche tecniche, etc) , mentre per i marchi DOP, IGP e STG i requisiti sono riconosciuti perché storicamente o geograficamente esistenti.
- Possono richiedere la registrazione dei marchi DOP, IGP e STG solo le Associazioni di produttori o trasformatori e non soggetti pubblici o privati.
- I marchi DOP, IGP e STG sono regolamentati da un disciplinare contenuto in un provvedimento normativo generale, i marchi collettivi hanno un regolamento che viene scritto ad hoc dal titolare del marchio.
Il marchio di Certificazione
Con il decreto sopra citato si introduce il Marchio di Certificazione.
Secondo quanto disposto dall’articolo 11-bis, possono richiedere la registrazione di un marchio di certificazione le persone fisiche o giuridiche, tra cui istituzioni, autorità ed organismi accreditati ai sensi della normativa vigente in materia di certificazione a garantire l’origine, purché non svolgano essi stessi un’attività che comporta la fornitura di prodotti o servizi del tipo certificato.
Il marchio di certificazione si differenzia quindi dal marchio d’impresa perché il titolare non può gestire un’attività che comporti la fornitura di prodotti o servizi del tipo certificato (viene richiesto l’obbligo di neutralità) e si differenzia dal marchio collettivo perché può essere registrato da una persona fisica.
Anche per il marchi di certificazione è necessario, all’atto della registrazione, presentare il Regolamento d’Uso dove devono essere specificate, tra l’altro, le caratteristiche dei prodotti o servizi da certificare, le modalità di verifica e di sorveglianza, le condizioni d’uso.
Esempio di marchio di certificazione è il marchio FSC che compare spesso sui supporti cartacei: tale marchio certifica che l’intera filiera legno-carta è soggetta a una gestione rispettosa dell’ambiente e delle foreste.
Il Marchio di Certificazione costituito da Nome Geografico
Il marchio di certificazione può essere costituito da
“segni o indicazioni che nel commercio possono servire per designare la provenienza geografica dei prodotti o servizi” ;
in tal caso è detto geografico.
L’UIBM, però, se in fase di deposito accerta che il nuovo marchio può creare
“situazioni di ingiustificato privilegio o rechi pregiudizio allo sviluppo di altre analoghe iniziative nella regione”. (Articolo 11, 4) del Codice Italiano della Proprietà Industriale).
può rifiutarne la registrazione.
Con il decreto si specifica che
“qualsiasi soggetto i cui prodotti o servizi provengono dalla zona geografica in questione, ha diritto sia a fare uso del marchio sia a diventare membro dell’Associazione di categoria titolare del marchio, purché siano soddisfatti tutti i requisiti di cui al regolamento”.
Inoltre, sempre secondo tale disposizione,
“l’avvenuta registrazione del marchio di certificazione costituito da nome geografico non autorizza il titolare a vietare a terzi l’uso nel commercio del nome stesso, purché quest’uso sia conforme ai principi della correttezza professionale”.
Un esempio di marchio geografico è Parco Nazionale d’Abruzzo®.
Ricordiamo che i marchi a denominazione geografica descrittiva possono essere solo marchi di certificazione perché i marchi d’impresa descrittivi non sono oggetto di registrazione.
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