Il marchio di fatto è il marchio usato ma non depositato e non registrato ed è disciplinato dall’articolo 2571 del codice civile.
In questo articolo parliamo di:
L’articolo 2571 del Codice Civile dispone che:
“Chi ha fatto uso di un marchio non registrato ha la facoltà di continuare ad usarne, nonostante la registrazione da altri ottenuta, nei limiti in cui anteriormente se ne è valso”.
Il Codice di Proprietà Industriale ci aiuta a comprendere quali siano i limiti del preuso di un marchio, in particolare con la distinzione tra marchio usato solo localmente e marchio usato con notorietà generale.
Vediamo di comprendere così anche la tutela del marchio non registrato.
Tutela del marchio di fatto con notorietà generale
Il marchio di fatto con notorietà generale può privare del requisito di novità il marchio identico o simile che sia registrato successivamente per prodotti/servizi identici o affini.
Nel caso in cui il titolare di un marchio non registrato con notorietà generale intenda agire in giudizio per chiedere la nullità del marchio posteriore registrato, dovrà essere in grado di dimostrare la notorietà generale del proprio marchio.
Quindi, ad esempio, se potete dimostrare che avete utilizzato una parola su scala nazionale, anche se non l’avete registrata come marchio (ma nella prassi l’uso c’è stato) potete contestare chi è venuto dopo di voi è l’ha registrata come marchio, facendone dichiarare la nullità.
Limiti del preuso nel marchio di fatto con notorietà locale
Al contrario, il marchio di fatto che sia utilizzato solo localmente o che comunque gode di una notorietà puramente locale, non può privare del requisito di novità un marchio posteriore identico o simile, ma ha il diritto di continuare ad usarlo nei limiti in cui anteriormente se ne è valso. Anche nel caso del preuso locale, comunque, deve esserci un uso effettivo del marchio (e non sporadico e saltuario) da parte del suo titolare.
Saranno precluse però al titolare del marchio con notorietà locale tutte le attività che comportino un ampliamento nell’utilizzazione del proprio marchio, tra le quali, a titolo puramente esemplificativo, tutte le forme di pubblicità del marchio aventi diffusione nazionale.
Quindi, qualora abbiate usato una parola in ambito locale (ricordate che parliamo sempre di un uso che deve essere dimostrabile) potete continuare ad usarla come avete sempre fatto ma avrete molti più limiti perché:
- non potrete far dichiarare la nullità del marchio che è stato registrato (e che quindi continuerà ad esistere) e
- dovrete limitare l’uso della parola al territorio in cui l’avete sempre usata. Così ad esempio, se con quel nome avete contraddistinto una linea di gioielli che però avete venduto sempre e solo nel territorio laziale, non potrete usare quel nome per vendere i gioielli in Sicilia o in Lombardia.
Al riguardo riportiamo quanto sentenziato dalla Corte di Cassazione (sentenza 12326 del 15 Giugno 2015):
“In tema di marchi d’impresa, il preuso locale di un marchio di fatto attribuisce al preutente la facoltà di continuare ad usarlo nel medesimo ambito territoriale anche dopo la registrazione da parte di terzi di un marchio simile od uguale, ma non anche il diritto di vietare al successivo registrante l’utilizzazione del marchio nella zona di diffusione locale: pur mancando, infatti, una norma che disciplini specificamente il conflitto tra questi due soggetti, depone in tal senso …anche il “favor legis” per il registrante, quale emerge dalla più intensa ed estesa tutela riservata dall’ordinamento al marchio registrato, sia dalle disposizioni del D.Lgs.4 dicembre 1992, n. 480, attuative della disciplina comunitaria, le quali conducono a configurare, in materia, una sorta di “duopolio”, atto a consentire in ambito locale la coesistenza del marchio preusato e di quello successivamente registrato”.
La Corte di Cassazione ha avuto inoltre modo di precisare quando si possa sostenere che la ditta sia stata utilizzata anche come marchio di fatto.
Al riguardo la Corte specifica che
“Pur tenendo fermo il principio di tendenziale unitarietà dei segni distintivi, che è proprio dei marchi registrati, con riferimento all’uso di fatto dei segni distintivi va affermata la regola della loro distinta articolazione onde è ben possibile (in astratto) che un imprenditore abbia preusato del segno per la ditta-denominazione sociale senza aver fatto uso dello stesso come marchio, per contraddistinguere merci prodotte o servizi forniti, onde la necessità, in caso di affermazione del possesso di marchio di fatto che, colui il quale che chieda di affermare il conseguimento di un proprio diritto fornisca, al riguardo, una prova completa sia del preuso della ditta-denominazione sociale sia di quello del segno in funzione di marchio (e della conseguente notorietà di esso)”.
Alla luce di quanto sopra, quindi, occorre considerare che l’assolvimento dell’onere probatorio con riferimento al solo preuso locale della ditta-denominazione sociale non comporta automaticamente la dimostrazione dell’onere probatorio relativo all’uso del marchio non registrato.
Requisiti del marchio non registrato
Per quanto riguarda i requisiti di legittimità del marchio non registrato, è opinione comune che siano identici a quelli richiesti per la registrabilità del marchio, ovvero novità, liceità e capacità distintiva.
Inoltre, ricordiamo che un marchio non registrato può comunque essere ceduto o dato in licenza. Ovviamente, nel valutare il valore economico del marchio, verrà tenuto conto che si tratta di un marchio di fatto e non di un marchio registrato.
Se siete titolari di un marchio non registrato e avete ricevuto una contestazione, contattate lo Studio Legale dell’Avv. Eva Troiani: potrà senz’altro fornirvi la giusta assistenza.
Scoprite quali altre definizioni di marchio esistono.
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